
Per anni si è urlato e si è scritto su varie testate giornalistiche che il lago d’Iseo viveva forse una delle piaghe peggiori che possa capitare; settimanalmente venivano segnalati bracconieri, ancor prima che si verificasse fossero tali. All’atto pratico erano più paure che realtà.
Dalla scorsa settimana, come un fulmine a ciel sereno, ci siamo svegliati una mattina con la notizia che sul lago d’Iseo sta operando una banda ben strutturata dell’est Europa che, con storditori, reti illegali, fiocine e arpioni, sta facendo man bassa di pesce lacustre. Le carpe sono la preda più ricercata, ma quando si utilizzano questi metodi di pesca illeciti, qualsiasi tipologia di pesce è a rischio. Considero il bracconaggio un atto esecrabile, sia perché arreca delle ferite profonde nella popolazione di pesce sia perché crea enormi danni all’economia, che si potrebbe definire quasi circolare, che sta alla base della vendita del pesce di lago.
L’atto del bracconare non prevede normative che ne limitino l’operatività, chi è disposto a compiere tali atti non ha riguardo nel rispettare il pesce in quanto Essere da tutelare. Numerose sono le testimonianze di mattanze compiute sul fiume Po; le foto che si vedono circolare lasciano l’amaro in bocca, non solo per la quantità di pesce, ma soprattutto per la maniera con cui questo viene trattato sia come forma di rispetto verso esso, sia per la conservazione totalmente erronea delle proprietà organolettiche delle sue carni. Il bracconiere perciò è colui che arreca danni all’habitat, ai pescatori professionisti e dilettanti, agli amanti della natura lacustre e a coloro che si ciberanno di questo prodotto, che non sapranno né da dove provenga né in che condizioni sia stato conservato.
Se perciò volessimo consumare pesce di lago, affidiamoci sempre a canali sicuri, perché oltre alla salute del nostro lago, va di mezzo anche la nostra salute alimentare.
Raffaele Barbieri