La Bottatrice, seppur d’acqua dolce, fa parte della famiglia dei Gadidi, come il Merluzzo e il Nasello, ed in effetti un pò ci assomiglia. Questo, effettivamente, è un pesce un pò misterioso, non tanto per i subacquei, che lo fotografano spesso, come ha fatto Alessandro Adami dell’Associazione Sub Club Peschiera, con alcuni bellissimi scatti, quanto per il ruolo che riveste nel delicato equilibrio dell’ittiofauna gardesana. E’ un pesce autoctono (originario) nel Garda? No, in realtà non lo è, e, a conferma di quanto scritto sopra, anche il suo arrivo nel Benaco risulta un mistero.
Il Canestrini nel 1887 e il Pavesi nel 1896, descrivono la Bottatrice come una specie discesa dal Lago di Ledro, attraverso il torrente Ponale. Il Malfer invece, nel 1927, spiega la sua presenza per via di un’immissione accidentale, avvenuta a Riva del Garda, da dove ne sarebbero fuggite alcune liberandosi da una nassa che le trasportava, era il settembre del 1876. Heckel e Kner la citarono ancora prima, nel 1858.
In realtà poco cambia da dove sia venuta. Dopo tutti questi anni credo si sia ben adattata al Garda, dato che si riproduce e prospera, almeno da metà del 1800 a quanto pare. Sembra che, nonostante tutto, non sia comunque mai stata abbondante nel Lago di Garda anche se, stando ai racconti dei pescatori di professione, verso la fine degli anni ’60, le sue catture aumentarono.
Cominciò allora la pesca della Bottatrice, non tanto per il suo valore economico, seppur molto buona, ma per limitare una sua eccessiva diffusione, per contenimento quindi. La Bottatrice era infatti indicata come presunta predatrice (quasi certamente a ragion veduta) di uova di Carpione. Infatti, quando si fanno delle riprese con alcuni ROV subacquei spesso sui fondali troviamo proprio le Bottatrici. Questo allarmò i pescatori di professione, che vedevano nel Carpione il loro pesce più pregiato. E’ poco diffusa nel Garda, molto rara, almeno questo era quello che scriveva l’ittiologo biologo Enzo Oppi a fine anni ’70 e Confortini a metà degli anni ’90 e sicuramente allora era così. Probabilmente la pesca a cui fu sottoposta sortì l’effetto voluto, ma questo credo non lo sapremo mai con certezza. Infatti, proprio Confortini, nel suo libro “L’ittiofauna del Lago di Garda”, scrisse giustamente che: “…un’esatta stima della sua diffusione è molto difficile a causa delle sue abitudini bentoniche”.
Oggi, ma lo scrivo con tutti i “se e i ma” del caso, la situazione parrebbe mutata rispetto a un tempo.
Lo scrivo perchè, giusto qualche giorno fa, mi sono incontrato con un pescatore di professione di Desenzano del Garda, il sig. Cavallaro, una “memoria storica gardesana”. E’ stato proprio lui a dirmi come, in determinate situazioni, le catture di Bottatrice siano ultimamente divenute numerose, non più sporadiche. Questo rappresenta un’evidenza che lui stesso e suo padre prima di lui, non avevano mai visto prima. Si tratta di un dato che, seppur non in grado di determinare una tendenza generale, merita almeno di essere compreso. Bisognerà verificare se il numero potenziale di esemplari di Bottatrice, possa rappresentare veramente un problema per le uova di Carpione che, come sappiamo, non ha davanti a sé un futuro proprio roseo.
Grazie anche a queste informazioni, che raccolgo sempre molto volentieri, è possibile fare rete nel migliore dei modi, incrociando i pochi dati scientifici presenti con le segnalazioni dei pescatori, sempre importantissime. Questa sarebbe la giusta mentalità di cui il Garda avrebbe bisogno: conoscenza e condivisione. Quello che credo sia importante, per arrivare a comprendere definitivamente gli equilibri in gioco tra le specie, è definire una stima della biomassa ittica del Garda e se e quale competizione alimentare sia in atto, insieme ad un’accurata verifica dell’habitat, in rapporto alle esigenze particolari di riproduzione per le specie.
Solo con questi dati in mano credo che si possa ragionare più serenamente sulla questione delle specie alloctone (invasive o meno), dove il Coregone lavarello si pone certamente in pole position tra tutte.
La necessità di questo studio è stata già ufficializzata dal tavolo di lavoro interregionale: “Pesca-habitat-ittiofauna”, coordinato dalla Comunità del Garda e attivamente partecipato dalle sigle di pescatori sportivi gardesani come UPBS, UPSdG, FIPSAS. Il tutto é al vaglio delle Regioni Veneto e Lombardia e Provincia Autonoma di Trento, ma lo é ormai da troppo tempo mi permetto di dire; serve più coraggio e velocità nelle scelte, perché il Garda ne ha bisogno. Prima decideranno di intraprendere questa azione congiunta, meglio sarà.
Filippo Gavazzoni